Chi si aspetta di andare a vedere Paolini rimarrà parzialmente deluso: c'è ma si vede poco.
È un problema? Assolutamente No!
Chi è attento intuisce già dalla locandina della rassagna “Parole dal Vivo” che c'è Lorenzo Monguzzi E Paolini. In quest'ordine.
Non un monologo ma due ore di parole e musica che vanno a raccontare l'origine di quella scritta che Paolini si trova di fianco alla dicitura “Lavoro” sulla carta d'identità.
La storia di una vita a creare cultura mentre Monguzzi, quella cultura, la rigetta addosso al pubblico sotto forma di canzone – un “folk” (che mi si passi il termine) diretto all'italiano nostalgico e voglioso di una canzone popolare che si va sempre più spesso a perdere nei vari talent show e nelle presentazioni di pseudo-autori emergenti.
Una storia di parole vissute, la narrazione di avventure e, soprattutto, delle disavventure, da sempre la componente più divertente della vita altrui. Tra tutti l'incontro\scontro con Carmelo Bene, l'Altro sommo vate, che dall'alto della sua arte dice “Siete voi che avete bisogno del teatro, non viceversa”. Aveva ragione? Al pubblico decidere. Paolini pone il dubbio e lascia chi lo ascolta a macerare, mentre muove ritmicamente i piedi al ritmo tenuto dalla bizzarra posse di Monguzzi, pronta a scandire il tempo dello spettacolo.
Artisti che creano cultura. Cultori che creano arte.
E, chissà, magari qualcuno dal pubblico raccoglierà la pesante eredità del teatrante veneto.
Una cosa vi assicuro: quei buffi individui sul palco aspettano anche voi.
Teatro